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Tempo d'estate, palette e secchiello
Il 'casus belli' del presidente Errico   
di Giuseppe FLORIO

Noi, popolo maggioritario, che abbiamo confidato in lui, votandolo come per consegnare una risposta perentoria ad una Provinci

Noi, popolo maggioritario, che abbiamo confidato in lui, votandolo come per consegnare una risposta perentoria ad una Provincia piena di contraddizioni, dilaniata da una crisi socio-economica frutto di un sistema di intrecci partitocratici; e che gli abbiamo affiancato un’altra figura di galantuomo, quel Domenico Mennitti dalle idee uguali e contrarie che simbolicamente poneva la medesima questione morale. Noi, dunque, che abbiamo eletto e cioè scelto e cioè scremato da una classe dirigente sempre uguale a se stessa due dioscuri nuovi che potevano significare la sanatoria di un territorio così offeso: l’”evoluzione copernicana”, ovvero un ribaltamento dei canoni di riferimento etico fin lì adottati, nel rispetto ed all’altezza della storia di Brindisi e del brindisino. Ebbene, noi oggi rimaniamo basiti dinanzi alle bizze minatorie che il Presidente Errico si picca di manifestare pur in punto di principio, ideale o giuridico che più gli piaccia. La “vicenda della sabbia” – se mai una storia così piccina passerà agli annali, non potrà che essere così chiamata – attraversa le nostre cronache cittadine come un poco interessante leit motiv di sottofondo. Certamente essa scorre al di sotto dei fondali delle acque brindisine, riguardando poco o niente la questione dell’ambiente ennesimamente offeso o le sperequazioni compiute a favore di questo o quell’ente soggetto del malnato ambito integrato tra Brindisi, Lecce e Taranto. Ripascere un litorale mutuandone la rena da un altro può essere un atto di solidarietà dovuto oppure un’ingiustizia perpetrata ai danni del più debole: forse si tratta delle due facce di una stessa medaglia di latta, patacca appuntata sul torace impettito di coloro che hanno prefigurato la forma ed i colori dell’insegna da affiggere: “Grande Salento”, ma non ne hanno alimentato i fermenti culturali, né accolto le istanze e i desiderata. Il Presidente Errico, personaggio complesso ed intrigante, coltissimo eppure beccato spesso a sfoggiare un’insopportabile prolissa erudizione, eroico protagonista di battaglie avanguardiste o tardive ma sempre temerario, carico di quel vento della primavera pugliese che lo levò dalla società pseudo-civile e lo sospinse agli allori e che oggi ne costituisce probabilmente il limite più marchiano, ha minacciato ancora una volta le proprie dimissioni, paventando di conseguenza la crisi dell’Amministrazione Provinciale, in spregio alle regole su cui fonda il patto di fiducia con gli elettori da una parte e con la maggioranza che lo sostiene dall’altro. Oggi per la sabbia scippata, ieri nessuno-rammenta-più-perché, domani per una bazzecola, qualsiasi evento può scatenare il casus belli: non c’è analista che possa credere che si tratti soltanto di un problema di sostanziale umoralità. Oltre alla volontà di potenza che si percepisce in tutta la sua valenza vorremmo dire sovversiva, appare chiaro che Errico cerchi e non da oggi di ottenere uno status di invidiabile libertà, che è rappresentato dall’avere le mani libere dai partiti, dai suoi Assessori, dai gruppi consiliari: un desiderio avvincente comune a molti amministratori di ogni ordine e grado, che vedono le procedure democratiche, certamente lente, certamente farraginose, come una condizione ostativa alla propria voglia di fare. Errico lasci perdere la sabbia e continui ad occuparsi di buona amministrazione come fa quando è sereno e collegiale, provando a rimarginare le ferite più lacerate del territorio che presiede.

 

 

 

 


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