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Tempo d'estate, palette e secchiello |
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Noi, popolo maggioritario, che
abbiamo confidato in lui, votandolo come per consegnare una risposta perentoria
ad una Provincia piena di contraddizioni, dilaniata da una crisi
socio-economica frutto di un sistema di intrecci partitocratici; e che gli
abbiamo affiancato un’altra figura di galantuomo, quel Domenico Mennitti dalle
idee uguali e contrarie che simbolicamente poneva la medesima questione morale.
Noi, dunque, che abbiamo eletto e cioè scelto e cioè scremato da una classe
dirigente sempre uguale a se stessa due dioscuri nuovi che potevano significare
la sanatoria di un territorio così offeso: l’”evoluzione copernicana”, ovvero
un ribaltamento dei canoni di riferimento etico fin lì adottati, nel rispetto
ed all’altezza della storia di Brindisi e del brindisino. Ebbene, noi oggi
rimaniamo basiti dinanzi alle bizze minatorie che il Presidente Errico si picca
di manifestare pur in punto di principio, ideale o giuridico che più gli
piaccia. La “vicenda della sabbia” – se mai una storia così piccina passerà
agli annali, non potrà che essere così chiamata – attraversa le nostre cronache
cittadine come un poco interessante leit motiv di sottofondo. Certamente
essa scorre al di sotto dei fondali delle acque brindisine, riguardando poco o
niente la questione dell’ambiente ennesimamente offeso o le sperequazioni
compiute a favore di questo o quell’ente soggetto del malnato ambito integrato
tra Brindisi, Lecce e Taranto. Ripascere un litorale mutuandone la rena da un
altro può essere un atto di solidarietà dovuto oppure un’ingiustizia perpetrata
ai danni del più debole: forse si tratta delle due facce di una stessa medaglia
di latta, patacca appuntata sul torace impettito di coloro che hanno
prefigurato la forma ed i colori dell’insegna da affiggere: “Grande Salento”,
ma non ne hanno alimentato i fermenti culturali, né accolto le istanze e i desiderata.
Il Presidente Errico, personaggio complesso ed intrigante, coltissimo eppure
beccato spesso a sfoggiare un’insopportabile prolissa erudizione, eroico
protagonista di battaglie avanguardiste o tardive ma sempre temerario, carico
di quel vento della primavera pugliese che lo levò dalla società pseudo-civile
e lo sospinse agli allori e che oggi ne costituisce probabilmente il limite più
marchiano, ha minacciato ancora una volta le proprie dimissioni, paventando di
conseguenza la crisi dell’Amministrazione Provinciale, in spregio alle regole
su cui fonda il patto di fiducia con gli elettori da una parte e con la
maggioranza che lo sostiene dall’altro. Oggi per la sabbia scippata, ieri
nessuno-rammenta-più-perché, domani per una bazzecola, qualsiasi evento può
scatenare il casus belli: non c’è analista che possa credere che si
tratti soltanto di un problema di sostanziale umoralità. Oltre alla volontà di
potenza che si percepisce in tutta la sua valenza vorremmo dire sovversiva,
appare chiaro che Errico cerchi e non da oggi di ottenere uno status di
invidiabile libertà, che è rappresentato dall’avere le mani libere dai partiti,
dai suoi Assessori, dai gruppi consiliari: un desiderio avvincente comune a
molti amministratori di ogni ordine e grado, che vedono le procedure
democratiche, certamente lente, certamente farraginose, come una condizione
ostativa alla propria voglia di fare. Errico lasci perdere la sabbia e continui
ad occuparsi di buona amministrazione come fa quando è sereno e collegiale,
provando a rimarginare le ferite più lacerate del territorio che presiede.
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