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ARTE/ Magici Chagall e Mirò. A Civitanova Marche l'opera grafica di due grandi Maestri del Novecento

  
di Michele DE LUCA

Un inedito itinerario all’interno della pittura della “macchia”, volto a studiare con rinnovata attenzione il suo sfaccettato,

Dopo Wharol, Dalì, Picasso, un’altra splendida mostra - Marc Chagall/Joan Mirò. Magia, grafia, colore - allestita  nei suggestivi spazi dell’Auditorium Sant’Agostino e della Pinacoteca Marco Moretti di Civitanova Marche Alta, a due passi dalla casa natale di Annibal Caro, il celebre traduttore dell’Eneide, che quest’anno presenta una raffinatissima (e inedita per l’Italia) selezione di grafiche dei due famosi artisti, provenienti dalla Fondation Maeght di Saint Paul de Vance diretta da Dominique Paini. Questa importante istituzione nei pressi di Nizza, inaugurata nel 1964 per volere e con il sostegno dei coniugi Maeght, è la seconda sede espositiva per l’arte moderna e contemporanea in Francia dopo il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris e raccoglie opere di maestri del Novecento quali Pierre Bonnard, Georges Braque, Fernand Léger, Marc Chagall e Alberto Giacometti. L’insieme architettonico della Fondazione è stato concepito per presentare l’arte moderna e contemporanea in tutte le sue forme ed espressioni; pittori e scultori hanno collaborato con l’architetto catalano Josep-Lluis Sert, creando opere, spesso gigantesche, integrate alla costruzione come alla natura circostante. In particolare Mirò ha realizzato l’ambientazione ideale delle proprie opere e ne ha progettate di nuove adattandole agli spazi, come l’arco d’ingresso e lo straordinario “labirinto” di ceramiche monumentali e bronzi; Chagall, che dal 1949 scelse di vivere a Vance, per la Fondazione ha creato un bellissimo ed immenso mosaico, Les Amoureux.

     L’evento espositivo promosso dal Comune di Civitanova e dalla Pinacoteca Moretti, sponsor unico Cesare Paciotti (il catalogo è stato edito con la consueta cura da Mazzotta), mette a confronto i diversi esiti dell’esplorazione del subconscio che Chagall e Mirò seppero illustrare con estrema libertà immaginativa, attribuendo alle loro opere una dimensione onirica e poetica. A tal fine sono state scelte sessanta litografie a colori di Chagall (Vitebsk 1887 – S. Paul de Vance 1985), un monotipo e una guache, la cui produzione risale agli anni ’50 e ‘60, oltre ad un eccezionale paravento del 1963 e lo splendido acquarello Les Amoureux. Circa novanta, invece, sono i lavori di Mirò (Barcellona 1893 – Palma di Maiorca 1983), tra acqeforti, acquetinte e litografie a colori, che fanno da intrigante contrappunto all’universo fiabesco di Chagall, con opere straordinarie, come i cicli Série noire et rouge e Séerie de Barcelone, e litografie di grandi dimensioni come La conversation (1969) e La demoiselle aux papillons. Chagall e Mirò furono “inventori di forme” e “prestigiatori del colore”, ci dice Paini, che aggiunge: “Di rado associati in questa prospettiva, lo Chagall mistico e aereo e il Mirò tellurico e materialista, trovano qui l’occasione di un dialogo fatto di opposti e somiglianze”.   

     La poetica dell’artista russo è caratterizzata da alcune costanti psicologiche e figurative: la famiglia, il paese d’origine, la vita dei contadini, i sogni della giovinezza, il rito e la tradizione ebraica; temi da lui vissuti in una lirica trasfigurazione della memoria, che conferisce al suo racconto un carattere di favola e che non ha mai perduto la precisa unità di stile anche nei periodi di più intenso rapporto con altre ricerche. L’opera del maestro catalano offre invece, nel suo complesso, un’interpretazione assai personale del surrealismo, caratterizzata da una visione poeticamente semplificata e “fiabesca” della realtà e dalla straordinaria levità con la quale gli impulsi della memoria e dell’inconscio vengono codificati in segni elementari, inquietanti e gioiosi insieme.

     Ci sono quindi elementi di ispirazione e di creazione artistica che accomunano nel profondo Chagall e Mirò, tra i quali, pur nella distanza di soluzioni estetiche, è importante porre occasioni di raffronto ravvicinato e dialettico, come la mostra ed il catalogo (che rimane come strumento assai denso e stimolante per un ulteriore approfondimento) hanno inteso fare. Paini, cui si deve la cura dell’una e dell’altro, ha voluto per la prima volta accostare i due maestri, che hanno (tra l’altro) sperimentato l’arte incisoria in tutte le sue complessità e varianti: in entrambi questa forma espressiva, tra segni e colori, ha dato una linfa nuova e fecondissima alla loro produzione. In Mirò si nota una libertà estrema nell’utilizzo del suo repertorio grafico di linee, segni e macchie da cui emergono lo spirito ludico e tutte le suggestioni e invenzioni derivate dal surrealismo; Chagall, che inizia a dedicarsi al lavoro incisorio a partire dai primissimi anni Venti, ma è negli anni del secondo dopoguerra che comincia a dare maggiore ricchezza cromatica alle sue opere; la città di Parigi (I tetti, La dimanche, La tour Eiffel con asino rosso, La Bastiglia, Il mostro di Notre-Dame), gli acrobati (I tre acrobati), i clown (Il cavallo bruno), i fiori (Il bouquet verde e viola) e la luna sono soltanto alcuni dei fantasiosi temi delle sue grafiche, nelle quali l’artista riesce a trasferire lo stesso clima onirico e spirituale dei suoi dipinti.

 

 

 


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