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Pescaturismo, vocazione della città dei due mari
  
di Domenico ESPOSITO

Pescaturismo, vocazione di Taranto città dei due mari

Pescaturismo, vocazione di Taranto città dei due mari

La dieta mediterranea candidata all’Unesco come patrimonio culturale immateriale della umanità

Italiani i “meno grassi”d’Europa

TARANTO – Gli assessori comunali Francesco Paolo Calcante e Angelina Mignogna, hanno sostenuto la possibilità di rilanciare il turismo anche attraverso la valorizzazione della pesca e del pescato, nel corso di una riunione tenutasi nei giorni scorsi alla Direzione Attività Produttive, presenti i dirigenti del sindacato dei pescatori Agci, della federazione Pesca, della cooperativa Arcobaleno 2, dell’Unci e dell’Apt.

Esperienze maturate in altre località e con climi politici diversi - è stato rilevato nel corso dell’incontro - fanno ben guardare alla pescaturismo che ha un proprio, affascinante cerimoniale: i turisti “navigano” fianco a fianco con i pescatori, dai quali ricevono notizie di prima mano sulle tecniche e sulla pescosità dei vari “punti”, esplorano i fondali, banchettano a bordo con la ciurma ed esaltano, in definitiva, le ricette della tradizione locale, a cominciare da quelle che riguardano il pesce azzurro. Tutti d’accordo, alla fine, anche in considerazione dei segnali che vengono lanciati dai ristoratori: la pesca turismo fa apprezzare il prodotto del mare, affeziona il turista, offre svago e buona cucina.

Da rilevare un altro aspetto positivo: il massimo accordo si è avuto a proposito della vocazione marinara della città Bimare. Un ritorno ai vecchi amori, attraverso i cinque itinerari che nell’arco della giornata porteranno per mare i turisti, i quali al rientro dovranno pur utilizzare le strutture alberghiere e della ristorazione.

L’operazione presenta tutti i lati positivi ed ha le carte in regola per essere considerata uno dei rari “buoni esempi” del Palazzo. Che ha numerosi punti di contatto con un’altra iniziativa, realizzata negli stessi ultimi giorni di giugno, incentrata sulla valorizzazione del pesce azzurro. Con una differenza: è stata ideata e organizzata da Vincenzo Murgolo, editore del periodico di satira, costume, attualità, vernacolo, folcklore “Uelìne ‘u Panarijdde” (in lingua italiana: Vincenzino il discolo).

L’evento ha stimolato numerosi Chef, i quali hanno partecipato alla selezione. In sei hanno poi disputato, nel caratteristico ristorante “La Paranza”, con veranda sul primo seno del Mar Piccolo, nel Borgo antico, la gara finale presentando numerose “portate” a base di pesce azzurro, nobilitandolo dal ruolo di “pesce povero”.

Le due giurie, la prima di “merito” e l’altra formata dagli invitati che si sono espressi circa il “gusto” hanno attribuito il trofeo “La rete d’oro” ed una bici allo Chef Antonio Panno (del ristorante “La Paranza”, con una portata di tagliatelle con abbondante sgombro, pomodorini, menta quanto basta e finocchio selvatico). Il secondo posto è stato meritato, ex aequo, da Antonio Salamina (La Pignata, autore della portata di troccoli con sarde, pomodorini, olive nere) e Francesco Dimitri (gastronomina San Michele, scaloppine di sgombro, sormontate da una julienne di zucchine). Terzo in classifica  lo Chef Luigi Peluso (Il Rugantino, filetti di sgombro marinati con pomodorini, menta e alici farcite).

Va detto ancora che la girandola di pietanze allestite dai concorrenti hanno esaltato le varie specialità di pesce azzurro: alici, sardine, costardelle ed altre varietà poco conosciute hanno caratteristiche organolettiche e nutrizionali, Omega 3 e Omega 6 in testa, come illustrato in conferenza stampa di presentazione della manifestazione dal dr. Mauro Magno (responsabile della Struttura Semplice  Scienza dell’Alimentazione e Dietetica dell’Ospedale civile di Taranto) e dalla dottoressa  Clara Di Gregorio (dell’equipe Dietiste del medesimo nosocomio).

Infine, tanto fervore di attività, sia pure su sponde parallele del pubblico e del privato, confluisce sempre negli ultimi giorni del trascorso mese di giugno, nella approvazione all’unanimità, in Senato, della mozione  sottoscritta da cento senatori per il riconoscimento della dieta mediterranea come patrimonio culturale immateriale della umanità dell’Unesco. Il documento, peraltro, impegna il governo a svolgere azione di salvaguardia e di valorizzazione di tale patrimonio nutrizionale e di presentare all’Unesco entro il 14 agosto prossimo il dossier di candidatura. L’iniziativa è stata concordata congiuntamente tra Italia, Spagna, Grecia e Marocco, le quattro nazioni che vantano identità alimentare e culturale comune.

Il progetto sottoposto al Senato chiariva che la dieta mediterranea "è parte integrante della identità storica e culturale del Mediterraneo, è opportunità di crescita economica per i Paesi dell’area. Questo modello di alimentazione che continua a essere punto di riferimento sia perché incontra il gusto di milioni di consumatori, sia per il ruolo preventivo che la scienza della nutrizione le riconosce, non è solo un modo di nutrirsi ma espressione di un intero sistema culturale improntato alla salubrità, qualità, distintività territoriale degli alimenti".

"La dieta mediterranea è un bene prezioso che va tutelato e diffuso. Quindi, appare quanto mai opportuna una sua piena valorizzazione a livello mondiale, visti anche i continui e qualificati riconoscimenti scientifici e medici per le sue caratteristiche nutritive e salutistiche". Così si è espresso il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori, Giuseppe Politi. "Un riconoscimento del genere - ha sottolineato - non significa solo dare atto alle peculiarità di un’alimentazione salubre, ma anche valorizzare la storia e la cultura di tutti quei Paesi che si affacciano nel Bacino Mediterraneo, i cui popoli sono custodi di una tradizione secolare che proprio nella dieta ha le sue radici più profonde".

Il sì del Senato è stato registrato ad un anno esatto dall’iniziativa ufficializzata dalla Spagna alla Commissione Europea, il 26 giugno 2007. Ed è unanime l’opinione che il recupero dell’Italia sia importante, ove si consideri che da sempre è il Paese symbol di un tipo di cucina.

Pane, pasta, frutta, verdura, extravergine ed ora pesce azzurro, il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari hanno consentito agli italiani di conquistare il record della longevità con una vita media di 77,2 anni per gli uomini e di 82,8 anni per le donne, nettamente superiore alla media europea. Ma non solo. In un’Europa dove l’obesità rischia di diventare una malattia sociale, gli italiani si aggiudicano - secondo stime della Coldiretti – il primato dei meno grassi, con la migliore forma fisica tra tutti i cittadini europei grazie proprio a una alimentazione fondata sulla dieta mediterranea che ha garantito il miglior rapporto tra peso e altezza, calcolato in base a un indice di massa corporea comunitario.

L’italiano con una altezza di 1,681 metri è inferiore di soli un paio di centimetri alla media europea di 1,699, ma ha un peso di 68,7 chili nettamente inferiore alla media comunitaria di 72,2 chili che garantisce il primato nell’indice di massa corporea (peso/altezza) con 0,408 rispetto a 0,425, secondo l’ultima indagine Eurobarometro sulla salute e l’alimentazione della Commissione Europea.

 

 

 

 


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