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Nubi nere all'orizzonte del lavoro |
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Al periodo estivo sono collegati
grandi fenomeni di massa. Il più noto ai mass media è quello delle migrazioni
dal Nord verso Sud o lo spopolamento delle città per la presa d’assalto delle
località turistiche. Le Forze di Polizia collegano la
stagione appena iniziata all’esplodere del lavoro nero, legato all’assunzione
di manodopera straniera da impiegare nei campi per la raccolta di pomodori,
meloni e via dicendo. Non che durante il resto dell’anno il “sommerso” non
esista; solo che nei tre mesi da giugno ad agosto esso diventa palese. Chi si
muove per le principali vie di comunicazione trova chini lavoratori
extracomunitari. Della loro condizione non parleremo perché è stata già
affrontata dai media l’anno scorso, in quella “bolla informativa”, nel caso
mediatico che esauriti gli argomenti è scoppiato senza portare cambiamenti
reali. I dati aiutano ad inquadrare
meglio la situazione senza pietismi, a sfatare alcune credenze e a confermarne
altri. Il problema esiste dato che
l’Istat ha calcolato 2 milioni e 794mila lavoratori irregolari, cioè prestazioni
di lavoro svolte senza rispettare la normativa in materia fiscale e
contributiva: ogni 100 occupati, quasi 12 sono prestazioni irregolari. Il 47% delle irregolarità sono
segnalate al Sud, contro il 19% del centro e il 33% del Nord. Secondo le stime
dell’Ires al Sud è irregolare un lavoratore su quattro, al Centro-Nord uno su
dieci. La presenza di lavoratori
irregolari è più diffusa nell’agricoltura (18,3%), nei servizi (13,4%) e nel
settore delle costruzioni (10,8 per cento). Per l’agricoltura il peso è
determinato dai lavoratori stagionali, che restano manodopera conveniente solo
se priva di forme di contrattualizzazione. Da un lato i produttori fanno valere
la crisi che aleggia da anni sui loro campi a causa della spietata concorrenza
straniera. Dall’altro è ignoranza di leggi e norme da rispettare e la
percezione di uno Stato assente e lontano, che in quanto distante, è più facile
da raggirare. Il terziario è settore di punta del sommerso soprattutto nei rami
imprenditoriali a maggior tasso di precarietà e di atipicità dei contratti di
lavoro: i call center, che ultimamente si cerca di regolarizzare, con la
continua rotazione dei lavoratori sono terreno fertile dell’irregolarità.
Parole del Ministro Cesare Damiano, non nostre. La “precarizzazione” ha
condotto all’individualizzazione del contratto di lavoro: in questo modo
aspirando all’assunzione il lavoratore concede il manico del coltello al
proprio capo, senza le garanzie che la contrattazione collettiva offriva fino
agli anni ‘80. Lì dove le Istituzioni e i controlli latitano l’accesso al
lavoro è quasi completamente nelle mani dei cosiddetti caporali che da un lato
utilizzano il passaparola delle reti informali, dall’altro attingono al bacino
della manodopera straniera in ben definiti luoghi di concentramento. Infine l’edilizia. La struttura
societaria semplice di molte ditte, spesso a conduzione familiare, porta gli
imprenditori a violare quel minimo di regole che consentono alle loro imprese
di sopravvivere. Il problema è che le sanzioni, una volta scoperti i reati,
sono pesantissime e costringono a chiudere. Se si vuol combattere il fenomeno
del lavoro nero è necessario perciò puntare non tanto sulla repressione che
limita e cerca di contenere ma anche sulla prevenzione con il rafforzamento
della cultura della legalità, con maggiori incentivi allo sviluppo e con
interventi che favoriscano gli imprenditori regolari. Le Regioni, con vari interventi
legislativi, hanno vincolato i contributi e la concessione dei benefici al
rispetto delle norme in materia di regolarizzazione dell’impiego, di sicurezza
degli ambienti di lavoro. Infine, alimentiamo un
pregiudizio, o meglio una percezione comune. È vero. Se in quasi tutte le
Regioni cresce la quota di aziende con irregolarità conclamate, in Puglia e in
Basilicata le situazioni fuori norma riscontrate sono cresciute rispettivamente
del 79,8% e del 90,1%. Far emergere il sommerso conviene: allo Stato, che
recupera l’evasione fiscale e contributiva; al sistema delle imprese, che
supera la concorrenza sleale e punta su una competitività di qualità; al
lavoratore, che è l’anello più debole e che a volte rinuncia alla propria
dignità per paura di perdere il lavoro nero o irregolare.
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