elenco articoli 

Nubi nere all'orizzonte del lavoro
  
di Gianluca MARASCO

Al periodo estivo sono collegati grandi fenomeni di massa

Al periodo estivo sono collegati grandi fenomeni di massa. Il più noto ai mass media è quello delle migrazioni dal Nord verso Sud o lo spopolamento delle città per la presa d’assalto delle località turistiche.

Le Forze di Polizia collegano la stagione appena iniziata all’esplodere del lavoro nero, legato all’assunzione di manodopera straniera da impiegare nei campi per la raccolta di pomodori, meloni e via dicendo. Non che durante il resto dell’anno il “sommerso” non esista; solo che nei tre mesi da giugno ad agosto esso diventa palese. Chi si muove per le principali vie di comunicazione trova chini lavoratori extracomunitari. Della loro condizione non parleremo perché è stata già affrontata dai media l’anno scorso, in quella “bolla informativa”, nel caso mediatico che esauriti gli argomenti è scoppiato senza portare cambiamenti reali.

I dati aiutano ad inquadrare meglio la situazione senza pietismi, a sfatare alcune credenze e a confermarne altri.

Il problema esiste dato che l’Istat ha calcolato 2 milioni e 794mila lavoratori irregolari, cioè prestazioni di lavoro svolte senza rispettare la normativa in materia fiscale e contributiva: ogni 100 occupati, quasi 12 sono prestazioni irregolari.

Il 47% delle irregolarità sono segnalate al Sud, contro il 19% del centro e il 33% del Nord. Secondo le stime dell’Ires al Sud è irregolare un lavoratore su quattro, al Centro-Nord uno su dieci.

La presenza di lavoratori irregolari è più diffusa nell’agricoltura (18,3%), nei servizi (13,4%) e nel settore delle costruzioni (10,8 per cento).

Per l’agricoltura il peso è determinato dai lavoratori stagionali, che restano manodopera conveniente solo se priva di forme di contrattualizzazione. Da un lato i produttori fanno valere la crisi che aleggia da anni sui loro campi a causa della spietata concorrenza straniera. Dall’altro è ignoranza di leggi e norme da rispettare e la percezione di uno Stato assente e lontano, che in quanto distante, è più facile da raggirare. Il terziario è settore di punta del sommerso soprattutto nei rami imprenditoriali a maggior tasso di precarietà e di atipicità dei contratti di lavoro: i call center, che ultimamente si cerca di regolarizzare, con la continua rotazione dei lavoratori sono terreno fertile dell’irregolarità. Parole del Ministro Cesare Damiano, non nostre. La “precarizzazione” ha condotto all’individualizzazione del contratto di lavoro: in questo modo aspirando all’assunzione il lavoratore concede il manico del coltello al proprio capo, senza le garanzie che la contrattazione collettiva offriva fino agli anni ‘80. Lì dove le Istituzioni e i controlli latitano l’accesso al lavoro è quasi completamente nelle mani dei cosiddetti caporali che da un lato utilizzano il passaparola delle reti informali, dall’altro attingono al bacino della manodopera straniera in ben definiti luoghi di concentramento.

Infine l’edilizia. La struttura societaria semplice di molte ditte, spesso a conduzione familiare, porta gli imprenditori a violare quel minimo di regole che consentono alle loro imprese di sopravvivere. Il problema è che le sanzioni, una volta scoperti i reati, sono pesantissime e costringono a chiudere. Se si vuol combattere il fenomeno del lavoro nero è necessario perciò puntare non tanto sulla repressione che limita e cerca di contenere ma anche sulla prevenzione con il rafforzamento della cultura della legalità, con maggiori incentivi allo sviluppo e con interventi che favoriscano gli imprenditori regolari.

Le Regioni, con vari interventi legislativi, hanno vincolato i contributi e la concessione dei benefici al rispetto delle norme in materia di regolarizzazione dell’impiego, di sicurezza degli ambienti di lavoro.

Infine, alimentiamo un pregiudizio, o meglio una percezione comune. È vero. Se in quasi tutte le Regioni cresce la quota di aziende con irregolarità conclamate, in Puglia e in Basilicata le situazioni fuori norma riscontrate sono cresciute rispettivamente del 79,8% e del 90,1%. Far emergere il sommerso conviene: allo Stato, che recupera l’evasione fiscale e contributiva; al sistema delle imprese, che supera la concorrenza sleale e punta su una competitività di qualità; al lavoratore, che è l’anello più debole e che a volte rinuncia alla propria dignità per paura di perdere il lavoro nero o irregolare.

 

 

 


elenco articoli