|
|
Dialogo tra civiltà: il ruolo dell'Iran |
|
Negli ultimi mesi la Repubblica Islamica dell’Iran
è balzata agli occhi dell’opinione pubblica mondiale per le sperimentazioni
nucleari. Le Nazioni Unite tentano di mediare con l’attuale
Presidente islamico Mahmud Ahmadinejad che, durante i suoi comizi, non fa che
inasprire i rapporti tra Occidente ed Iran. Eppure negli scorsi mesi ha fatto visita ufficiale in
Italia con una tappa importante a Bari, Mohammad Khatami, considerato il primo
Presidente riformista dell’Iran, eletto nel 1997 e predecessore di Ahmadinejad. Khatami, sin dai primi anni 90, introdusse la
teoria del “Dialogo tra le culture” in netta contrapposizione alla teoria di
Samuel Huntington sullo “Scontro tra
civiltà” e per questo motivo fu nominato da Kofi Annan, membro della “Alleanza
fra le culture”. La proposta dell’Ex Presidente si può sintetizzare
in una sua frase: “Ciò che manca all’Occidente, lo aggiungiamo noi”. Sembra quindi che l’Iran sia internamente diviso
tra i sostenitori dell’attuale Presidente estremista a favore del nucleare, ed
i riformisti rispettosi della c.d. “proposta Khatami”. L’Ex Presidente avanza una sua idea animata da due
intenti fondamentali: la ripresa dell’antico legame di amicizia e cooperazione
tra Iran e Occidente sulla base del riconoscimento delle reciproche diversità (ma
anche di una larga matrice intellettuale e materiale comune) e la costruzione
di una convivenza umana universale che consenta l’affermazione della democrazia
e dell’incontro tra civiltà. Questa proposta è stata resa dall’ONU valida per
tutte le altre culture mondiali. La volontà dialogica ha alla base il riconoscimento
dei pregi, ma in special modo dei difetti e si fonda sulla affermazione di
interrogativi e non sulla imposizione di risposte. Il problema più importante della comunicazione tra
culture è la capacità di condurre il dialogo senza pretendere di avere la
verità. Khatami pone a fondamento della civiltà occidentale
e di quella iraniana il concetto di libertà: il primo di indipendenza degli
esseri umani dalle catene di molte tradizioni oppressive ed il secondo di fatah
cioè di salvezza dai vincoli interiori. La sua idea consiste in un equilibrio che possa
integrare entrambe le dimensioni della libertà individuale. Il dialogo non è una misura difensiva per prevenire
uno scontro inevitabile, ma è un invito a riconoscere una base comune. Gli individui che vivono in comunità non devono
considerare le proprie identità come esclusive, ma come premessa della
coesistenza pacifica e della tolleranza con gli altri. Le idee dell’Ex Presidente fanno ben sperare nella
vittoria del senso di democrazia teso a raggiungere un sempre più intenso
dialogo fra cultura occidentale e paesi islamici.
|
|
|