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25/26 giugno, REFERENDUM sulla Riforma Costituzionale: Le ragioni del NO Intervista a Valentino Parlato, Direttore del Manifesto
  
di Maddalena MONGIO'

E’ un Valentino Parlato sorridente quello che incontriamo per farci spiegare le ragioni del NO al referendum confermativo dell

È un Valentino Parlato sorridente quello che incontriamo per farci spiegare le ragioni del NO al referendum confermativo della Riforma Costituzionale. È un Valentino Parlato sorridente, anche se le sue parole sono venate di tristezza o forse di amarezza. Instancabile nel suo andare su e giù per l’Italia per sostenere la campagna referendaria e lanciare un sos per la sua testata, “Il Manifesto”, fondato con Luigi Pintor. La mancanza di fondi non è una novità per il giornale, cosa nuova è la beffa subita in questi giorni di un furto commesso da ignoti che durante la notte hanno forzato l’ingresso della sede del quotidiano appropriandosi di tutta la liquidità di cassa: ben 103,00 euro. Questa la difficile situazione che attraversa la testata. Valentino Parlato la racconta senza mezzi termini accompagnandola alla vis per un referendum che la sinistra vuole vincere.

Direttore, in  questi giorni assistiamo al ping pong tra centrosinistra e centrodestra sul referendum. Lo schieramento di centrosinistra chiede un NO per poi approntare il tavolo di una nuova costituente; il centrodestra chiede un SI per poi migliorare la riforma da loro votata. Insomma entrambi sono convinti di dover mettere le mani sulla Costituzione, a questo punto la contrapposizione è semplice antagonismo politico?

La politica è sempre contenuto. Noi siamo convinti che al referendum si debba votare NO, ma sono necessarie due considerazioni e una premessa.

Quale?

La sinistra ha gravi responsabilità verso questa riforma. Sono stati loro che per primi hanno modificato nel 2001 la Costituzione a colpi di maggioranza o per essere più precisi con un pugno di voti in più. Questa è una responsabilità gravissima.

E le considerazioni?

Si continua a dire che questa riforma abbia modificato la seconda parte della Costituzione, al contrario lede i diritti sanciti nella prima parte. Sicuramente l’art. 2 che stabilisce il dovere di solidarietà politica, economica e sociale e l’art. 3 che dispone il compito della Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono lo sviluppo della persona. Non solo! Questa riforma ha disegnato un Primo Ministro con tanti poteri e purtroppo è stata la sinistra ad avviare questo cammino con l’elezione diretta del governatore.

Che cosa non le piace di questa riforma?

Sicuramente creerà disparità tra regioni più ricche e quelle più povere. Poi vi è la questione del ridimensionamento del ruolo del Presidente della Repubblica e il rafforzamento del Presidente del Consiglio che con la riforma diventa Primo Ministro. Gianni Ferrara, un valente costituzionalista, mi rammentava che questa definizione fu coniata nel ‘25 per Benito Mussolini. 

In che modo il centrodestra vuole che sia riscritta la Costituzione lo sappiamo, ma il centrosinistra cosa vuole?

Non lo sappiamo, non si sa. Questa è una brutta sinistra, opportunisticamente legata alle logiche delle alleanze.

Voi sostenete le ragioni del NO, siete comunque convinti che la Costituzione debba essere aggiornata?

Non c’è alcun bisogno di riscriverla. La Costituzione italiana è stata scritta 60 anni fa, ma i padri costituenti hanno guardato al futuro.

È innegabile che il bisogno di stabilità sia fortemente sentito, d’altra parte il sistema proporzionale ha ingessato l’Italia in decenni di governo democristiano.

Non tutti gli anni di governo DC sono da buttare via…

Dobbiamo rimpiangere la DC?

Dobbiamo rimpiangere la DC. La Democrazia Cristiana aveva una visione politica globale e una politica estera che ci ha fatto giocare un ruolo internazionale senza dover essere subalterni agli Stati Uniti. Quando l’Italia ha dichiarato la volontà di ritiro dall’Iraq, Rumsfeld ha risposto che tanto non contavamo niente. Se gli americani l’avessero detto alla Francia, si sarebbe aperto un incidente diplomatico.     

Cosa ha pensato dopo il pesante bombardamento che ha ucciso Alzarqawi e diversi civili?

Un’azione inutile. Diventerà una bandiera, un martire, un eroe da imitare e di cui seguire l’esempio. Anche il pesante bombardamento racconta bene la debolezza di questa guerra. Se io sono forte e voglio toglierti l’anello che hai al dito mi basta immobilizzarti, ma se sono debole sono costretto a ucciderti o a farti del male.

Direttore, ritiene che in Italia vi sia un problema di immaturità politica?

Diciamo che con il passaggio dal proporzionale al maggioritario i partiti sono decuplicati e di fatto si sono annullati. Questo famoso bipolarismo in realtà non si è mai compiuto.

Viviamo una stagione di transizione.

Perché di transizione? Non abbiamo un obiettivo verso cui traghettare, quindi siamo in una fase di stagnazione e non ho fiducia nelle possibilità di una svolta.

Dopo i risultati delle amministrative il centrodestra è più cauto con i proclami, al contrario il centrosinistra forte di un trend favorevole ha dichiarato che la vittoria del SI segna la fine del berlusconismo.

È un’affermazione estremamente ingenua. Berlusconi non è nato dal niente, Berlusconi l’abbiamo prodotto noi. Flaubert nel romanzo “Madame Bovary” scrisse: “Oui, Madame Bovary c’est moi”. Basta sostituire il nome nella frase. Berlusconi è frutto di una società in cui non c’è posto per i giovani, in cui non c’è un progetto esistenziale. Bisognerebbe fare un’inchiesta e chiedere ai giovani quali sono i loro desideri, ecco… bisognerebbe partire dai loro desideri per capire la società.

Ce la farà anche questa volta a risollevare le sorti economiche del suo giornale?

Non è il mio giornale, è una cooperativa ed è l’unico giornale in Europa ad essere gestito così senza che ci siano padroni. Stiamo vivendo una crisi gravissima, non solo economica. Ci chiediamo se abbiamo senso, se siamo utili. Questo è il nostro dramma più profondo.

 

 

 


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