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Referendum sulla Riforma costituzionale
Quale Italia vogliamo? |
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Una maratona elettorale con la
linea di traguardo fissata al 25 giugno. Della prossima scadenza vi è certezza
che si tratta di un referendum confermativo della riforma costituzionale, il
resto come diceva una nota canzone è noia ma, è d’obbligo aggiungere, è anche
mistero. I giornali si sforzano di far chiarezza su una materia complessa e
complicata dalla mole di norme che sono state variate, la tv fa la sua parte
ma, anche qui è d’obbligo osservare, che la pubblicità sui referendum messa in
onda dalle reti mediaset ha l’impronta di uno spot aziendale più che essere
strumento di comprensione. Un tempo c’erano i banditori che suonavano le trombe
e urlavano lo slogan, oggi abbiamo la tv commerciale ad assolvere a cotanto
impegno, ragion per cui ci propina schermate in cui si pubblicizzano alcuni
aspetti che possono sensibilizzare nell’opinione pubblica un atteggiamento
favorevole alla riforma del centrodestra. L’accento è posto sulla
riduzione del numero dei parlamentari omettendo di dire che saranno rimpolpati
da 42 senatori rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali. Si
straparla di federalismo, ma in questo Senato Federale le regioni e le
autonomie locali scalderanno le poltrone ché non hanno diritto di voto. Si
fantastica la realizzazione del federalismo, ma il Primo Ministro potrà
intervenire sul Senato laddove non approvi modifiche di legge che il Governo
ritiene essenziali per il programma. Su materie delicate quali sanità,
istruzione, pubblica sicurezza, di evidente vi è solo lo scambio di accuse tra
i due schieramenti. Sul ridimensionato dei poteri del Presidente della
Repubblica si è pianto lacrime di coccodrillo ché sono ormai 10 anni che la
designazione del Premier avviene con una consultazione formale, di fatto è
nominato il leader della coalizione vincente.
Il centrosinistra urla all’attentato dell’unità nazionale e alla perdita
di chance per le regioni economicamente svantaggiate, il centrodestra accusa
l’avversario politico di demagogia o di falsità. Ecco, ci piacerebbe molto che
questi signori congiunti nei dibattiti televisivi spiegassero cosa accadrà se
dovesse confermarsi la riforma. In realtà al di là delle vere o presunte
catastrofi di questa riforma, qui siamo ad uno snodo cruciale perché ci si
domanda quale sia il modello di società nel quale vogliamo vivere. I rimandi
retorici ai padri della Costituzione con i j’accuse di sacrilegio per questa
riforma, non hanno senso e possono unicamente irritare un elettorato che per
buona parte è umorale, per buona parte non si sente rappresentato e tutelato,
per buona parte ha ingenuamente sperato che la stagione di Mani Pulite
spazzasse via le logiche meschine delle alleanze tecniche ai soli fini
elettorali, per buona parte è deluso, per buona parte è rassegnato. Della
riforma fatta a colpi di maggioranza dalla sinistra prima, dalla destra poi, si
è detto tutto il male possibile, tuttavia l’art. 138 della Costituzione prevede
che la stessa possa essere modificata in seconda votazione a maggioranza
assoluta dei due rami del Parlamento. Si prevede la possibilità del ricorso a
referendum che non è ammissibile se la riforma è stata votata dai due terzi dei
componenti delle due Camere. Una liberalità perfetta! Chi ha scritto la Costituzione
ha guardato oltre la linea dell’orizzonte, questo è ampiamente riconosciuto,
tanto oltre che le modifiche costituzionali sono permesse comunque per non
ingessare la vita politica prevedendo un istituto di garanzia delle parti che
in questo caso è il referendum. Molto del dibattito attorno a questa questione
è francamente sterile. Come gli “sbaciucchiamenti” tra destra e sinistra,
sull’opportunità di modificare l’art. 138 affinché le riforme costituzionali
passino solo a maggioranza dei due terzi, fanno sorridere. La logica del
“volemose bene” non è utile a nessuno, la sclerosi del pensiero politico che
non ha capacità di lungimiranza ed è creativa solo con i bilanci dello Stato, è
non solo dannosa ma anche pericolosa. Che negli ultimi cinquant’anni ci sia
stata una rivoluzione della società sulle istanze delle scoperte scientifiche e
tecnologiche è un assunto con cui bisogna fare i conti, che questa rivoluzione
abbia inciso a livello antropologico, culturale, sociale è un dato ineludibile.
La necessità di una classe politica competente, eclettica, moderna, oggi è la
vera emergenza. La Costituzione non è una qualsiasi legge, deve essere
espressione del Paese, della sua identità, e deve essere organizzata a questo
scopo. Le bicamerali, le commissioni, insomma tutte le forme di volta in volta
adottate per cercare di trovare intese tra parti politiche opposte sono
miseramente naufragate. Questi i quesiti reali su cui dovrebbero riflettere
oggi i signori deputati e senatori. Si è detto che fu possibile
scrivere la Costituzione con un’ampia concertazione perché tutti avevano voglia
e urgenza di uscire dal trauma della dittatura e della guerra, ma è un teorema
terribile. Oggi il problema di fondo è un altro e il balletto attorno alla
riforma ne è prova. La destra, che pure ha voluto questa riforma non si è
granché attivata per una vittoria del SI. È ardito affermare che questa riforma
sia frutto della necessità di pacificare la Lega? È ardito affermare che la
mancanza di un forte Partito Democratico riformista a sinistra e di un forte
Partito Conservatore liberale a destra sia il peccato originale? È ardito
affermare che questo gap ha permesso una proliferazione insensata di partiti e
partitini che hanno l’unico ruolo di tenere in ostaggio il proprio
schieramento? Quale che sia la nostra personale convinzione il 25 e il 26
giugno bisognerà votare perché non possiamo disimpegnarci in una questione che
riguarda il funzionamento delle istituzioni.
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