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Il Templare salentino Ruggero Da Flores |
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Ultimamente c’è stato un gran
parlare dei cavalieri templari, quasi come se fosse “di moda”. Romanzi,
pubblicazioni varie, lavori cinematografici e via dicendo hanno fatto di questo
argomento un business molto redditizio. Anche i tour operator hanno fiutato
l’affare, proponendo viaggi nelle località in cui hanno vissuto e operato i
Templari nell’epoca medievale. E poi leggende, superstizioni, storie più o meno
verosimili, raccontate e tramandate nei secoli, hanno reso questi cavalieri
degli eroi a difesa dei pellegrini o degli accumulatori di tesori, avidi e
senza scrupoli. “Pauperes commilitones Christi templique Salomonis", i Poveri
compagni di Cristo
e del Tempio di Salomone, meglio noti come cavalieri templari o semplicemente Templari, fu uno dei primi e più noti ordini religiosi cavallereschi cristiani. La sua origine risale agli anni 1118-1120, successivi alla prima Crociata
in Terrasanta del 1096,
quando la stragrande maggioranza dei cavalieri era tornata in Europa e le milizie
cristiane rimaste, ormai ridottissime, erano arroccate nei pochi villaggi
esistenti. Il cammino che i fedeli dovevano percorrere per giungere in Terrasanta
era ricco di insidie per via di gruppi di predoni senza scrupoli che assalivano
anche gli indifesi. Ugo di Payns, sostenuto da Goffredo di Saint-Omer e da altri cavalieri, decise
così di fondare quest’ordine monastico-militare, con il preciso compito di assicurare
l'incolumità dei numerosi pellegrini europei
che si recavano in vista a Gerusalemme dopo la sua conquista. L'Ordine venne
ufficializzato il 29 marzo del 1139
dalla bolla “Omne Datum Optimum” di Innocenzo II
e sciolto tra il 1312 e
il 1314,
dopo un drammatico processo. I cavalieri del Tempio erano facilmente
riconoscibili per la loro tunica bianca sulla quale, al centro del petto,
campeggiava una croce vermiglia. Molti furono coloro
che vollero entrare a far parte di quest’Ordine, provenienti da tutta Europa.
Le cronache narrano che alcuni giungevano dall’Italia meridionale, ma solo
pochi dal Salento. Più di tutti ne viene ricordato uno, il suo nome era Ruggero
da Flores, un frate brindisino della cui vita non si sa poi molto. C’è chi dice
che fosse un uomo coraggioso che difese fino alla fine la causa dei Templari,
altri sostengono, invece, che egli fosse una persona infima, priva di ogni
morale, che con la sua condotta disonorava gli altri cavalieri. Nato intorno al 1266
a Brindisi, da Riccardo da Blumen, falconiere di Federico II, e da
un'aristocratica del luogo, quando era ancora un bambino perse il padre nella
battaglia di Tagliacozzo. Quell’infausto evento segnò profondamente il destino
della sua famiglia, la quale perse tutto in seguito alla confisca dei beni. Fu
così che il giovane Ruggero visse anni di nera miseria insieme alla madre. Di
lì a poco la sua vita sarebbe, però, cambiata. Il cronista Ramon Muntaner
scrisse: “Quando il piccolo Ruggero aveva
l’età di otto anni accadde che un gentiluomo, frate converso dell’ordine
templare, chiamato frate Vassayl, comandante di una nave del Tempio e buon
marinaio, venne a passare l’inverno a Brindisi per stivare la propria nave e
farla riarmare in Puglia”. Il piccolo salentino conobbe il frate templare,
il quale si affezionò talmente a lui che volle portarlo con sé affinché
divenisse un buon cavaliere. Ruggero navigò con frate Vassayl e diventò un
bravo marinaio. All’età di vent’anni divenne frate converso e gli venne
affidata la nave “Il Falco del Tempio”. Come ogni templare
che si rispetti, il salentino fronteggiò per molti anni i musulmani. “Nel 1291, quando ormai le sorti dei crociati
in Terrasanta sono irrimediabilmente compromesse”, scrive il prof. Rino
Duma, “il templare salentino prende parte
alla gloriosa resistenza di san Giovanni d’Acri ed accoglie nella sua galea
donne e bambini, portandoli in salvo a Monte Pellegrino, in cambio di
considerevoli somme di denaro, che comunque versa nelle casse del Tempio”. Ma
al Maestro Jacques de Molais giunse voce che egli aveva tenuto per sé parte
degli introiti. Fu, quindi, perseguitato, gli vennero confiscati i beni, fu
espulso dall’ordine, ma non fu mai catturato. Ruggero si nascose per qualche
tempo a casa di alcuni amici a Genova e cominciò a riflettere sull’accaduto.
Buttatosi ormai alle spalle la sua vita da Templare, comprò una galea che
chiamò “Olivetta” e si mise a servizio dei ricchi e potenti, divenendo un
corsaro dei mari. Federico d’Aragona, sovrano di Sicilia, lo ingaggiò per
liberare Messina dalla stretta degli Angioini. La missione ebbe successo e
Ruggero fu nominato, per volontà del re, vice-governatore della Sicilia. Dopo
una serie di vicissitudini a lui sfavorevoli, decise di cambiare aria e fondò
la “Compagnia Catalana”, formata da mercenari. A Costantinopoli ebbe la meglio
sui commercianti genovesi e strinse un accordo con l’imperatore Andronico II
Paleologo. Frattanto, la sua
notorietà cresceva e varcava ogni confine conosciuto. Con i suoi “patti segreti”
e le razzie compiute per mare, col passare del tempo, accumulò una cospicua
fortuna che investì per creare un esercito di quattromila uomini e per
acquistare altre galee. Per i suoi numerosi successi in battaglia, Andronico lo
nominò prima granduca, poi “Cesare” e, per di più, gli offrì di governare parte
del suo regno. Tante altre imprese
avrebbe potuto fare, molte vittorie ancora lo attendevano, ma il destino decise
per lui e interruppe bruscamente la sua esistenza. Ad una festa, il figlio
dell’imperatore, Michele, probabilmente invidioso della sua fortuna e del suo
coraggio, nonché geloso delle attenzioni che il padre riservava a Ruggero, fece
uccidere lui e i suoi uomini. Correva l’anno 1305. Ruggero da Flores fu
indubbiamente un cavaliere valoroso, ma anche un mercenario senza tanti
scrupoli. Nel bene e nel male, verrà comunque ricordato per il suo innato
coraggio.
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