elenco articoli 

Il Museo del giunco palustre di Acquarica del Capo

  
di Carlo STASI

INAUGURATO AD ACQUARICA DEL CAPO

Acquarica del Capo ha da alcuni mesi battezzato il nuovo Museo del Giunco Palustre, un’iniziativa dell’Amministrazione Comunale che finalmente valorizza e salva la memoria di un artigianato che è peculiare della storia sociale ed economica del paese da meritare ai suoi abitanti il soprannome di “spurtari” cioè produttori di sporte, cestini, “fisculi” realizzati col giunco.

L’uso del giunco palustre è stata per secoli l’artigianato tipico del paese tanto che Giacomo Arditi nella sua Corografia di terra d’Otranto riferisce che le donne acquaricesi, oltre che collaborare con gli uomini ai lavori agricoli, si dedicano anche “all’industria speciale di tessere sporte, cestini e fiscelle di giunco (iuncus et fusus), che chiamano volgarmente “Pileddu”.

Raccolto nelle paludi del Tarantino (Avetrana) e del Leccese ed opportunamente trattato (tramite bollitura, essiccazione, zolfatura) il giunco veniva lavorato per ottenere “quelle utili e svariate fatture, alcune delle quali meritarono di stare all’Esposizione Mondiale di Vienna nel 1873” dove,  dice il De Giorgi (1882), i cestini acquaricesi “meritarono un premio”. Dopo l’esposizione alla Mostra Nazionale di Torino, si ebbero numerose commissioni che furono soddisfatte attraverso la lavorazione a conduzione familiare, mentre la mancanza di un opificio organizzato non ne consentì lo sviluppo su scala “industriale” (un tentativo fatto da un imprenditore inglese si esaurì alla sua morte). Nella prima metà del ‘900, il commercio dei cestini cominciò a rifiorire. A partire dal 1926 nacqero e si svilupparono piccoli opifici per iniziativa di alcuni imprenditori che, presso le proprie abitazioni, raggruppavano 15-20 cestinaie. La giornata lavorativa iniziava alle 7 del mattino e terminava la sera, ma, per le spedizioni urgenti, si lavorava anche di notte. I prodotti venivano spediti oltre i confini salentini (Bari, Rimini, Riccione, Milano, Firenze) e all’estero (Inghilterra, Svizzera e perfino in America).

I cestini prodotti dalle spurtare (cestinaie) di Acquarica erano molto usati nella vita quotidiana della civiltà contadina del tempo ed erano venduti nei mercati paesani del Salento Meridionale e ad alcuni rivenditori delle province di Bari e di Brindisi. Spesso, per le precarie condizioni di vita della maggior parte della popolazione e la limitata circolazione del denaro, i cestini venivano barattati con prodotti alimentari (legumi, formaggio, farina, olio, vino, taralli,…).

Alcuni cestini venivano spediti all’isola d’Elba presso l’Istituto di pena dove i carcerati li usavano per portarsi il pranzo quando andavano a lavorare fuori dalle carceri. I lavori più belli, esposti presso le fiere nazionali e internazionali, ottennero vari riconoscimenti e venivano richiesti, su ordinazione, da commercianti del Nord Italia.

Il Museo presenta foto storiche di lavoratrici del giunco, un campionario stampato negli anni ‘50 che illustra l’oggettistica da presentare ai vari acquirenti, un giornalino realizzato dalle classi 3^-4^-5^ della Scuola Elementare “E. De Amicis” nell’anno scolastico 1984-1985, che descrive il lavoro del giunco con una piccola ricerca storica, contenitori con vetrine allestite con manufatti in giunco realizzati da Maria Calzolaro, Maria Verardo e Francesca Luca che ancora oggi continuano ad intrecciare lu paleddu. Ma l’attrazione più interessante del Museo è il “Presepe di Giunco” (la Natività e alcune scene di vita socio-religiosa acquaricese) realizzato circa 40 anni fa da Addolorata Olimpio (che per questa opera ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro da parte del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga) e donato dai figli al Comune per essere conservato nel Museo.

 

 

 


elenco articoli