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Rivoluzione italiana: con l'spc si viaggia veloci |
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Non
è un nuovo treno delle Ferrovie dello Stato, né una nuova sigla politica tra le
tante ultimamente emerse. SPC sta per Sistema
Pubblico di Connettività ed è l’infrastruttura tecnologica che dal 2008
collegherà computer e uffici sull’intero territorio nazionale, amministrazioni
centrali e locali. Si tratta di una grande rete di comunicazione che porterà,
grazie all’ausilio della tecnologia, ad una rivoluzione nel campo della
burocrazia: diviene infatti realtà la materializzazione dei documenti, cioè la possibilità
di non dover più accumulare chili di carte e certificazioni per fare una banale
richiesta presso un ufficio e alla Pubblica amministrazione di dire addio agli
enormi archivi polverosi e allo spreco di carta. Mediante l’interconnessione
tra uffici e l’accesso sicuro alle banche dati dei vari enti sarà possibile
snellire i tempi di accertamento dei requisiti per le pratiche che lo
richiedono. Gli enti pubblici di ogni ordine e grado potranno dialogare
attraverso le tecnologie del VoIP, Voice over Internet Provider, rese
obbligatorie in Finanziaria, che (come molti di noi hanno fatto esperienza
usando Skype) permettono di risparmiare enormemente sui costi telefonici e sul
trasferimento di dati e informazioni. Con il nuovo sistema si manderà in pensione
la vecchia e farraginosa RUPA, Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione,
nata nel 1999, che tante attese ha deluso negli anni precedenti, passaggio che
comporterà un decremento di spesa dai 130 milioni di euro del 2005, anno
d'avvio del progetto, ai 54 milioni di euro attuali, ma con prestazioni
incrementate del 110%. Il
tutto si traduce in un risparmio di tempi e di costi sia per lo Stato che per i
cittadini, che potrebbero finalmente dimenticare molte delle celeberrime file
agli sportelli. Curatore
dell’intera rivoluzionaria operazione è il braccio informatico del Governo, il
CNIPA, che ne ha curato lo sviluppo, integrando oltre un milione di telefoni e
oltre 550 mila computer della pubblica amministrazione, per una rete che viene
definita senza mezzi termini la più
grande rete telematica pubblica in Europa. Altro
elemento importante è una costola dell’SPC, la RIPA, ovverosia Rete Internazionale della Pubblica
Amministrazione italiana, rete telematica in grado di collegare rapidamente
e con sicurezza l’Italia con le centinaia di uffici esteri del nostro Paese,
Ambasciate e consolati in primis. L’affidabilità
del progetto è garantita da non uno, ma ben quattro società di servizi
telematici, grazie ad un innovativo appalto multifornitore: Fastweb, BT ITalia,
Wind e Telecom Italia. Tutto
bene, allora? Possiamo essere felici? No. Perché l’intero sistema funzioni a
dovere e porti gli effettivi benefici preventivati sarà necessario che
l’innovazione arrivi fino “all’ultimo miglio”, raggiunga cioè tutti gli uffici
pubblici, fino all’anagrafe dello sperduto paesino di montagna. Altrimenti come
per gli impianti ad imbuti di diversa ampiezza, la velocità complessiva
dell’intero processo sarà determinata dal livello più lento. "Varato il
sistema nazionale - ha dichiarato Beatrice Magnolfi, sottosegretario
all'Innovazione - comincia la seconda fase: la trasformazione dell'SPC in una rete
federale di Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane e degli altri enti
locali, mettendo in contatto tutte le amministrazioni pubbliche del Paese e
permettendo, pertanto, di realizzare una completa cooperazione applicativa
nello scambio di dati". Dovranno
essere le Pubbliche amministrazioni locali cioè a fornire al cittadino gli
strumenti adatti a sfruttare le nuove opportunità offerte dall’SPC. Come?
Innanzitutto non è più procrastinabile l’introduzione delle Carte di Identità
elettroniche che sono la chiave d’accesso alla quasi totalità dei più
innovativi servizi telematici prossimi
venturi, Bisognerà diffondere l’uso della firma digitale che consente di
autenticare i documenti elettronici senza possibilità di dubbio, rendendo
legalmente riconosciuti i file spediti via internet e via posta elettronica e
lecita la firma digitale di contratti o autocertificazioni. Le Camere di Commercio
di mezza Italia hanno provato a favorire l’acquisto di questi strumenti da
parte dei propri iscritti, ma l’operazione di diffusione e sensibilizzazione si
è rivelata fallimentare, visti anche la scarsa informazione in materia. Infine
è pur necessaria un’opera di preparazione dei cittadini di ogni fascia di età e
di classe sociale all’uso di internet. Introdurre innovazione in un Paese
culturalmente impreparato ad accoglierla e sfruttarla è sprecare risorse ed
energie; e l’Italia, com’è noto, dal punto di vista tecnologico è, tra i Paesi
avanzati, quello più indietro. Viene da chiedersi: con Enti locali in cronica
mancanza di fondi, come si potranno acquisire le piattaforme tecnologiche
(molto costose) utili a fornire i servizi previsti se solo la CIE costa 25
Euro?
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