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LIBRI/ Il Proco Troiano, storia di ieri dell'Italia di oggi |
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Di Pietro e lo scandalo di Tangentopoli era appena
balzato agli onori delle cronache quando l'editore Schena di Fasano pubblicava
un romanzo che quei fatti descriveva puntualmente, anticipandone certi temi e
denunciando un atavico sistema di sopraffazione. "Il Porco Troiano" (Schena Ed., Fasano,
pagg. 137) è ambientato nell'antica Roma ai tempi di Orazio Coclite, l'eroe che
inchiodò gli etruschi di Porsenna sul Ponte Sublicio. L'eroe festeggia la sua
impresa con gli amici in un banchetto dove il piatto forte è un maiale. Ma,
come il cavallo di Troia nascondeva nella pancia i greci guidati da Ulisse, il
maiale di Orazio è detto appunto “troiano” perché è ripieno di "salsicce,
fegatelli, rognoni, involtini e tanto altro ben di Giove". Ed ecco la metafora: quel ripieno rappresenta le
tante disavventure che il malcapitato eroe, avvezzo a lottare lealmente contro
il nemico, deve subire passando tra i meandri intangibili della burocrazia
militare e politica di una Roma antica così simile alla Roma, alla Milano e all'Italia
di oggi. Ma il romanzo stesso rientra nella metafora, è esso
stesso un "porco troiano" pieno com'è di sorprese che, con un
crescendo esilarante, portano verso un finale ancor più sorprendente se non
fosse così verosimile. Enzo Garganese, l'autore di questa 'gustosissima'
(è proprio il caso di dirlo) e, al tempo stesso, amara satira, è nato nel 1944
a Francavilla Fontana (Brindisi) ed in questa sua prima opera narrativa mostra
una scrittura tanto sciolta ed al tempo stesso sorvegliata da raggiungere un
equilibrio stilistico non comune, mentre la sua vena, ora umoristica ora
satirica, non può non richiamare alla mente del lettore le opere di Orwell,
Swift, Esopo, Fedro, La Fontaine, ecc. Senza voler fare confronti coi miti letterari, ci
limitiamo a dire che il romanzo di Garganese si legge d'un fiato grazie alla
scrittura avvincente ed alla storia coinvolgente. Non per questo non ci si può soffermare ad ogni
passo, poiché l'abilità dello scrittore nel distribuire personaggi, situazioni
e considerazioni, induce il lettore ora a meditare su certi meccanismi
psicologici ora a godere di certe gustose macchiette. La satira, permeata di sfumature ironiche, è tanto
più feroce quanto più è composta. I nomi stessi dei personaggi sono allusivi:
Publio Giulio Cornuto, diventato capitano grazie alle raccomandazioni, vuole
riscattarsi dalle frustrazioni a colpi di carta bollata, cavilli e sofismi,
creando un 'intoppo' alla proposta di medaglia al valore per Orazio che il
colonnello Lucullo inoltra al R.I.SO.T. (Riconoscimenti Importanti
Sottufficiali o Truppa), sezione del Ministero della Difesa. Poi ci sono il colonnello Bestia, il cuoco Porcino,
gli amici Carbone, Crispo e Spurio Lario, ecc.; ma colui che svetta su tutti
come figura emblematica del malcostume politico, della corruzione, del
clientelismo e della mediocrità al potere è Memmio Fure che così rimprovera
Orazio: "Bloccare da solo l'intero esercito nemico! Ma son cose che si
fanno! ... se lo Stato riconosce ufficialmente il tuo gesto disonora tutto l'esercito
di Roma!". Ma Orazio, con la sua protesta "minaccia tutto
il sistema" e, come suggerisce il viscido Fure, "va
punito". E se l'usciere di Fure ha
"la scogliosi da inchino", se il suo ufficio è una bolgia infernale
dove un nugolo di miserabili, disoccupati, ecc. va ad implorare e a vendersi
per un diritto, se persino gli amici lo abbandonano, Orazio, confortato dalla
moglie (forse il personaggio più idealizzato e quindi meno verosimile di tutto
il romanzo), non si piega, ed il suo dramma (quel "vivere morendo ad ogni
istante che trascorre") finisce in beffa. A causa della sua onestà Orazio diventa vittima e
carnefice di se stesso, e non ha neppure la fortuna di incontrare un Di Pietro
ante litteram che faccia giustizia. Già, è proprio un Di Pietro il personaggio che
manca al romanzo. Ma, come abbiamo detto, il romanzo è stato scritto quando di
Di Pietro non si intravedeva neppure l'ombra, e con lui la speranza (ormai
abbondantemente disattesa) che qualcosa potesse cambiare.
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